sabato 30 settembre 2006

Viale del Tremonti vol. 2

Sono le ultime... promesso!

Un gruppo di studenti finisce nelle grinfie di un maniaco che si nasconde in una sede dell’UDEUR – Mastel
Un paese in bancarotta – Kill PIL
Con che cosa campava la Maddalena secondo Dan Brown? – La pensione di Cristo
I calciatori sono gelosi delle loro fidanzate – Ma Kakà ti manda sola?
Storia di spionaggio all’italiana – Per un pugno di Pollari
Un povero toro prima di essere abbattuto – Maledetto il giorno che ti ho incornato.
Immobiliarista in difficoltà – Tesoro mi si sono ristretti i palazzi
Un grande avvocato – L’uomo che sussurrava i cavilli
E’ riuscita a dimagrire – La vita è snella
Un cannibale di bocca buona – Mangiare bene uomo donna
Ecco perché non si liberava – Matilda 6 stitica
La storia di un gruppo di sessantottini – Lotte prima degli esami
Circuisce la moglie altrui per arricchirsi – Il patrimonio del mio migliore amico
Giovani toscani maleducati – Le fave ignoranti
Film sdolcinato sugli amori adolescenziali – Melassa P.
La biografia di Didier Deschamps, nuovo allenatore juventino – Il gobbo di Notre Dame
Un giallo nel mondo dei web designers – Il mistero dei templates
Chi vuole eliminare le cooperative rosse? - Coop Killer
Omicidi seriali nel Medioevo – Valvassini nati
Vogliono chiudere i siti sconci – Quel che resta del porno
Rocco ad Amsterdam – Pene e tulipani
Uno sguardo disincantato al mondo del giornalismo – La stanza del Foglio
Quella frittata è andata a male – L’uovo bicentenario
La sfortuna perseguita un giapponese – La sfiga del samurai
La vita erotica di una svedese spregiudicata – Il settimo pisello
Perché quel giocatore sta sempre in panchina? – Il caso Taddei
L’infanzia di Rossella O’Hara – La balia nera
La sorella brutta di Bridget Jones – La racchia umana
Gli piacciono attempate – A letto con mi nonna
Si è comprato un nuovo fucile – Addio mia colubrina
Quei lavori di ristrutturazione dal mio vicino non finiscono mai – La casa dei 1000 colpi
La brioche la porto via – Past Away
Ma dov’è l’uscita dell’autostrada? – Il casello errante di Howl
Fantozzi torna a casa incazzato e picchia la moglie – Dalla Pina con furore
Ambiguità sessuali in famiglia – Eva mio padre
E’ andata via la luce in cucina – Cuoco cammina con me
Come tanti politici hanno fatto fortuna – Harry, ti presento Gelli
Il caso Pacciani – Indagine su un contadino al di sopra di ogni sospetto
Perché il computer non va? – Provaci ancora RAM
Il seguito di Nemo – Polp Fiction
Vita dei meccanici di F1 – I ragazzi del muletto
Giochi finanziari e scatole cinesi – Il triangolo delle permute
I fratelli Vanzina dirigono un film sulla vita di Bobo Vieri - Il ragazzo con l'orecchino da pirla

***
Va bene, ancora qualcuna:

D'Alema invita il premier spagnolo sulla sua barca - Vira, Zapatero
Promessa di un creditore - Io ti salderò
Vespa mette in imbarazzo la moglie di Rutelli - Palombelli rossa
Un fotografo diventa Papa - PapaRatzi
Gli occhiali di Charles all'asta - Eray
Licenziamenti al porto di Genova - La storia del camallo che piange
Schiamazzi di giovinastri - Buzzurri e grida
Una bella storia d'amore - Totti pazzo per Ilary
La Senna è straripata - Ultimo fango a Parigi
Saddam e Tareq Aziz rimembrano - C'eravamo tanto armati
Il riccone mi ha licenziato - Nababbo bastardo
Lady in the Water (ultimo film di Shyamalan) - Il bacio della donna in bagno
Delitti efferati nel mondo delle sfilate maschili - Belli e scannati

venerdì 29 settembre 2006

Viale del Tremonti vol. 1

Ieri sera, visitando come al solito la Biblioteca di Shawshank ho letto che era partito un gioco a sfondo cinematografico sul blog "Qualcuno volò sul nido nel culo": rieditare i titoli dei film giocando con lettere e parole, aggiungendo una mini trama esplicativa.

Questo gioco nacque anni fa da una sfida tra Roberto Benigni, Stefano Bartezzaghi e Umberto Eco, come raccontato nel libro "Sfiga all'OK Corral" ed è sempre divertente.

Impossibile non partecipare all'iniziativa... ma come prevedevo il gioco mi ha preso la mano ed ecco, in esclusiva per voi, qualche mia rivisitazione.

L'ennesima vittima di un feroce serial killerLa nona morta
Un giovane dentista aspetta il primo clienteIl deserto del tartaro
Cuoco giapponese in vacanzaUn tranquillo week-end di tempura
Le avventure di un micio goloso a NapoliLa sfogliatella e il gatto
Tragedia sfiorata al reattore nucleareLe radiazioni pericolose
Corrado Guzzanti perseguitato da un suo personaggio – L’odio di Lorenzo
Il dietro le quinte di “Amici” di Maria De Filippi - Cantando dietro i paraculi
Caccia al dermatologo scomparsoAlla ricerca di Nevo
Nazisti nascosti in un conventoDossier badessa
Evasione di ladruncoli da RebibbiaFuga di mezzetacche
Le storie parallele di un gruppo di politici in declinoViale del Tremonti
Un party in cantinaGiù la festa
Rocco a Parigi Il favoloso culo di Amélie
Annullata l'autopsiaNon aprite quella morta
Ogni tre pasticche un acido in regaloOmaggio allucinante
Il fascino di Zingaretti conquista anche i gayA qualcuno piace calvo
Partita a scacchi all’infernoL’arroccato del diavolo
In realtà avrebbe vinto KerryC’era una svolta in America
La magica RomaEcco l’impero dei Sensi
Mi piace spennare i polli a pokerBarando con uno sconosciuto
Le imprese di un gruppo di hackersCosì parlò Altavista
Porno acrobaticoLa foresta delle pugnette volanti
Vivo accanto ad una friggitoria cineseIl fetore dalla Cina colpisce ancora
Mi sono licenziataFuga dal capataz
Dramma della miseria, costretti a rubareLadri di cotolette
Donna rimane incinta di un alienoIl figlio verde
Trovato inedito di Steve McQueen girato ad AmsterdamGullitt
Storia di sangue e camorraIl cattivo fetente
Orrore a TorinoNon si sevizia un Chiamparino
L'incredibile storia di un messicano che un pomeriggio perse improvvisamente la vista - Il buio oltre la siesta
L'ultimo successo di Rocco - Good Night, and Good Fuck


giovedì 28 settembre 2006

Dr. Condoleezza & Miss Rice

Condoleezza Rice nasce in Alabama, il 4 luglio da una famiglia poverissima. I suoi sono così poveri che tutti si accorgono subito, appena li vedono, che sono neri.
Avendo esaurito tutti i nomi disponibili per gli altri 18 figli, suo padre le dà quello di un peschereccio che sta passando in quel momento nel porto.
Condoleza, o Conddolleza (anche sua madre ha difficoltà a pronunciare il suo nome) da bambina è molto vispa e intelligente, e stupisce tutti dicendo che da grande non vuol fare né la parrucchiera né la cantante soul ma il consigliere del Presidente!
Anzi, a dire la verità, quando la bambina, alta un soldo di cacio, sale sulla sedia gridando “sono il Segretario di Stato!” i fratelli e i genitori si spanciano dalle risate.

Condoleezza soffre molto del fatto di non aver un grande futuro per il fatto di essere piccola e nera.

Un giorno, mentre è seduta tutta sola nel cortile dietro a casa sua, cioè dietro la capanna, mentre lo Zio Tom sta zappando l’orto, sente una voce che le dice:
Non piangere, Condoleezza, tu non sei nera, sei solo povera”.
Detto ciò la bambina si sente sollevare per aria e ricadere in una grande tinozza piena di acqua saponata. Superato lo spavento e riaperti gli occhi, Condoleezza si trova di fronte una fata, identica ad Aretha Franklin in ciabatte e grembiule che le dice: “Ascolta sorella, queste magie ce le concedono solo una volta ogni tre secoli, perciò ascolta bene Mama e fai come ti dico. Cosa vuoi fare da grande, il segretario di Stato? Qui ci vorrebbe Merlino in persona ma vedrò cosa posso fare. Vai a casa ad asciugarti e vedrai che da domani i tuoi sogni si avvereranno.”

Condoleezza non fa in tempo a ringraziare la fata Aretha che questa… puf! è sparita. Voltatasi per rientrare in casa non crede ai suoi occhi. La capanna non c’è più e al suo posto c’è una casa bellissima, tale e quale quelle dei ricchi, con un giardino meraviglioso. Anche i suoi famigliari sono cambiati. Suo padre sta scendendo in quel momento da una macchina stupenda e sua madre indossa un abito di alta moda. Stranamente la loro pelle è sempre nera ma nessuno se ne accorge più.

Da quel momento la vita di Condoleezza è un susseguirsi di successi: studia e si laurea a pieni voti, diventa manager, grande manager e super manager, le petroliere cominciano a chiamarsi come lei. Entra in politica e finalmente il Presidente la chiama a ricoprire il ruolo di Segretario di Stato.

Tutto bene finchè un giorno, mentre è a farsi un giro di shopping sulla Quinta Strada, le arriva un messaggio sul cellulare, che dice:
Ciao Condi, finalmente ti trovo! Sono mortificata, ho dimenticato di dirti una cosa importante, che testa!
Perché la magia continui devi farti eleggere Presidente entro il 2008. Se non ci riuscirai, ritornerà tutto come era prima. Dici che è quasi impossibile che una donna nera diventi presidente degli Stati Uniti?
Beh, se è diventato presidente George allora tutto è possibile.
Un abbraccio, Mama".


mercoledì 27 settembre 2006

I folgoratori

Miniraccontino di fantascienza

Uscire di casa era diventato quasi impossibile se non trovavi modo di ripararti sotto un portico o il tendone di un negozio. Attraversare una piazza e qualunque altro spazio aperto era diventata un’impresa.
Erano apparsi qualche giorno dopo l’arrivo delle astronavi ed erano sempre più numerosi.

Ci chiedevamo come potesse quel reticolo di cavi e quelle specie di lampade metalliche rimanere per ore ed ore sospesi sulle nostre teste.
Qualcuno cominciò a notare che quelle specie di faretti seguivano i nostri movimenti come le telecamere a circuito chiuso, sembravano osservarci e studiarci. Un giorno vedemmo l’occhio di uno di quegli oggetti accendersi improvvisamente di una luce verde molto intensa.
Aveva iniziato a puntare un nostro amico e, mentre si avvicinava sempre di più a lui, emetteva un suono strano, un sibilo come quello di una miccia che stesse per far esplodere un qualche ordigno. Improvvisamente dall'occhio verde partì un raggio che colpì il ragazzo dietro l'orecchio con una scossa elettrica che non lo uccise ma lo lasciò stordito e dolorante.

I folgoratori, cosi vennero chiamati da quel momento in poi, comparvero ovunque e non passava giorno che qualcuno non venisse colpito dalle loro scariche, mai mortali ma dolorosissime.
Eravamo costretti ad andare in giro coperti anche d’estate, perché i bastardi ci colpivano in ogni centimetro di pelle scoperta.
Uscivi di casa e il primo folgoratore della giornata era lì, con la testa girata verso di te a guardarti. Se riuscivi a ripararti eri salvo ma solo fino all’angolo, dove ti attendeva il secondo folgoratore, e poi via via fino alla fermata del metro e ovunque andassi. Vi erano folgoratori nascosti anche tra gli alberi nel parco.

La sera il reticolo degli invasori illuminava e ricopriva tutta la città.
Si stava con le finestre chiuse, ma dietro le tende e le imposte potevi ancora vedere il tuo folgoratore che muoveva l’occhio cercandoti, quasi annusandoti, e quella luce verde che andava su e giù, a destra e a sinistra sibilando.

lunedì 25 settembre 2006

Il ritorno del pollo assassino

Tempo ancora una settimana e vedrete che comincerà in tutti i telegiornali l’annuale campagna per la vaccinazione antinfluenzale e avranno il coraggio di rivenderci ancora l’aviaria, un vero flop tranne che per i disgraziati uccelli che sono stati sterminati a migliaia.

La cosa che inevitabilmente ogni anno di questi tempi mi chiedo è la seguente: ma quella influenza, quella terribile pandemia è poi arrivata ed è stata virulenta come dicevano?

L’anno scorso a marzo le circolari dell’OMS mettevano in guardia contro pandemie spaventose, tra le quali proprio l’aviaria che si sarebbe propagata agli umani con conseguenze peggiori della famigerata Spagnola.
A fine settembre iniziò il battage pubblicitario e come risultato di una vera e propria campagna “de paura” corredata ogni giorno da immagini di uccelli gasati da uomini in tute anticontaminazione, si registrò il 20% in più di vaccinazioni per i soggetti a rischio e il 30% per quelle persone che non presentano gravi patologie e che normalmente non fanno uso del vaccino. Un successo.
Teniamo presente che nel 2004 si erano vaccinati circa 13 milioni di italiani: 11 milioni tra le persone a rischio, ovvero anziani oltre i 65 anni, persone e bambini con malattie croniche, medici e operatori sanitari di assistenza, per le quali il medicinale è gratuito, ovvero a carico del SSN e gli altri 2 milioni che decisero autonomamente di vaccinarsi acquistando il vaccino nelle farmacie.

Ma allora come è andata l’epidemia influenzale? Secondo l'annuale circolare del ministero della Salute la stagione epidemica 2005-2006 è stata quella con la più bassa incidenza degli ultimi sei anni di sorveglianza.
Gli esperti dichiarano che, durante la seconda settimana del 2006, vi è stata un'incidenza totale pari a 1,52 casi ogni 1000 assistiti dai medici sentinella. Per quanto riguarda la sorveglianza virologica, solo il 4% dei campioni clinici è risultato positivo per il virus dell'influenza vera e propria, il che vuol dire che nel 96% dei casi si trattava di banale sindrome influenzale. Shakespeare avrebbe detto “molto rumore per nulla”.
Beh, meno male, forse merito proprio del vaccino? Difficile saperlo, non avendo sotto mano dati relativi al numero totale di casi in Italia, non sapendo quanti erano i medici sentinella ecc. In ogni caso la popolazione generale italiana comprende quasi 59 milioni di individui, 46 milioni dei quali non si vaccinarono.

Quest’anno come andrà? Ci dicono che l’influenza ha andamento biennale, quindi se quest’anno ha colpito poco, andrà male il prossimo. E poi c’è sempre lo spauracchio del ritorno del pollo assassino e della Spagnola (che comunque si verificò nel 1918 per una sequenza piuttosto eccezionale di condizioni).

Nella circolare del ministero viene infine indicato l’obiettivo ottimale di copertura vaccinale, ovvero quanti di noi dovrebbero vaccinarsi quest'anno contro l'influenza: minimo/massimo 19.800.000/26.500.000 soggetti.
Che tradotto in cifre significa tra i 166 e 223 milioni di euro di incassi per le case farmaceutiche (calcolando il prezzo medio di 8 euro a confezione). Una bella cifra.


sabato 23 settembre 2006

Le tante domande dell'11 settembre

Sull’11 settembre vi sono molti punti oscuri mai spiegati dalla versione ufficiale ed altri francamente inquietanti, sui quali i parenti delle quasi 3000 vittime chiedono inutilmente da anni risposte, e questo breve filmato realizzato da Luogocomune ne è un ottimo riassunto. Se per caso voleste approfondire la questione trovate altri documentari e film inchiesta (tutti di produzione americana) nella mia nuova sezione “Speciale 9/11”.
Domenica alle ore 21.00 è in programma una puntata di Report su Raitre dedicata all'11 settembre. Verrà presentato il film "Confronting the Evidence" (vista la durata della trasmissione probabilmente non in versione integrale, visto che il film dura ben 2:40) e un intervista di Milena Gabanelli a Jimmy Walter, il miliardario americano sponsor del gruppo Reopen 911 che ha realizzato il film.
Sempre che quella puntata vada veramente in onda (si accettano scommesse), sarà la prima volta che le tesi alternative sull’11 settembre troveranno una audience in prima serata e io prevedo:
1) Una pioggia di articoli sui giornali del giorno dopo dove i giornalisti celebreranno la loro fede cieca e incrollabile nella tesi ufficiale. Pioveranno accuse di antiamericanismo e antisemitismo per la Gabanelli e per gli infedeli che osano dubitare;
2) Un’interrogazione parlamentare di qualche esponente del centrodestra che chiederà la chiusura del programma perché la RAI, come servizio pubblico, non può occuparsi di queste cose (possibili nomi Guzzanti o Bonaiuti o lo stesso Landolfi);
3) La presenza in settimana di Paolo Attivissimo (lo smontatore ufficiale delle teorie alternative) a reti unificate per spiegare che bisogna credere ai testi ufficiali governativi perché per definizione dicono sempre la verità;
4) Al TG1 ci faranno rivedere le immagini del Pentagono con l’aereo invisibile dicendo che “l’aereo si vede benissimo, ecco, vedete, ma come fate a non vederlo?” E noi ci sentiremo ancora una volta dei coglioni che non vedono un tubo.

P.S. La storia che Bin Laden non è ufficialmente ricercato dall'F.B.I. per l’attacco al WTC è vera. Controllate voi stessi.

Film consigliati:
9/11 MYSTERIES - durata 1:30:41 (in inglese, senza sottotitoli)


Presentato da un signore che si definisce repubblicano conservatore. Contiene forse la migliore descrizione a tutt'oggi della struttura delle torri e delle caratteristiche dell'acciaio utilizzato nella costruzione. L'eroe superstite William Rodriguez parla delle esplosioni udite all'interno delle torri. Parla un ex dipendente della ditta che fornì e certificò l'acciaio per il WTC, che dopo la sua lettera che metteva in dubbio la versione ufficiale fu licenziato. Si parla dettagliatamente del crollo inspiegabile del WTC7, delle conseguenze sanitarie della tragedia sui soccorritori e i superstiti. In preparazione la seconda parte.
11 settembre 2001 INGANNO GLOBALE - durata 1:32 (in italiano)


Un film molto documentato, in italiano, realizzato da Massimo Mazzucco di Luogocomune.
LOOSE CHANGE - durata 1:28:21 (inglese, sottotitoli italiano)


L'autore è Dylan Avery, un ragazzo poco più che ventenne, che due anni fa si è messo a raccogliere e studiare l'immensa mole di materiale esistente in rete, e ne ha fatto, insieme al suo amico Korey Rowe - fresco reduce delle guerre in Afghanistan e Iraq - un lavoro che è stato già visto, tramite Google Video, da oltre due milioni di persone nel mondo.
9/11 PRESS FOR TRUTH - durata 1:24 (in inglese)


La lotta per la verità e la giustizia delle Jersey Girls, quattro vedove dell'11 settembre che non si sono accontentate della versione ufficiale. Un atto d'accusa contro i meanstream media che non ascoltano le richieste dei parenti delle vittime.
CONFRONTING THE EVIDENCE - durata 2:41:10 (in inglese, sottotitoli italiano)


Il resoconto di una conferenza tenuta a New York sulle questioni ancora irrisolte dell'11 settembre, con la partecipazione, tra di altri, di David Ray Griffin. Presentato dal miliardario Jimmy Walter, che ha messo i suoi soldi a disposizione di chi vuole le risposte alle domande alle quali la Commissione ufficiale d'inchiesta non ha voluto o potuto rispondere. Questo film viene anche presentato nella puntata di REPORT del 24/09/06.
Solo dopo aver visto questi documentari, che non sposano tesi aliene o paranoiche, ma fanno solo DOMANDE, si potrà dire di avere una visione completa dei fatti dell'11 settembre.

giovedì 21 settembre 2006

L'infame "via dei topi"

Cosa provereste venendo a sapere che nella scuola che avete frequentato per anni, proprio nelle stesse stanze, è possibile che siano passati Josef Mengele, Klaus Barbie, Erich Priebke e Adolf Eichmann?
E' una storia che ho scoperto solo di recente navigando in rete.
Il 31 Luglio 2003 “Il Secolo XIX” di Genova iniziò la pubblicazione di un’inchiesta che ricostruiva l’intricata vicenda di quella che è stata definita la "ratline", la "via dei topi" organizzata in Europa nel dopoguerra per consentire la fuga, prevalentemente in Argentina ed in altri Paesi latinoamericani, di criminali di guerra nazi-fascisti ricercati per crimini contro l’umanità. Una vicenda in parte già nota da tempo, grazie ai libri di studiosi argentini come Jorge Camarasa e Uki Goñi, quest’ultimo autore di un libro pubblicato dopo la desecretazione dei documenti degli archivi della Direzione nazionale delle migrazioni in Argentina, resi pubblici nel luglio 2001 per volere del presidente Néstor Kirchner.

Secondo l’inchiesta del giornale genovese, i suddetti criminali nazisti dal 1947 al 1951 fecero tappa sotto la Lanterna dove ottennero i documenti per l’ emigrazione. Il "Secolo" pubblicò la mappa degli alloggi (via Ricci,via Balbi, eccetera) dove vissero temporaneamente Eichmann, Barbie e Mengele in attesa del passaporto con la nuova identità (nella foto quello rilasciato a Mengele).
Dal reportage risultò pure che Ante Pavelic, il feroce capo degli Ustascia croati, si imbarcò da Genova per l’Argentina con il falso nome di Pal Aranyos l’11 ottobre del ’48.

Fulcro dell’organizzazione era la D.A.I.E., la Direcion Argentina de Immigracion Europea diretta da Carlos Fuldner, amico di Peron ed ex ufficiale delle SS, che si occupava di far pervenire a Buenos Aires l'elenco dei criminali nazisti da mettere in salvo.
Ed ora viene il bello: la D.A.I.E. era situata allora a “Villa Bombrini” in via Albaro 38, l’attuale sede del Conservatorio di Musica. La scuola dove io ho studiato negli anni '70.
“Fuldner redigeva a via Albaro gli elenchi dei nazisti da far fuggire, li spediva in Argentina e da lì, in poche settimane, giungevano i visti di ingresso, completi delle foto dei criminali ma intestate a nomi fittizi. Da Genova, la pratica passava a Roma, dove la Sede della Croce Rossa rilasciava i passaporti relativi ai nomi falsi, rispedendoli a Genova. Fatto ciò, bastava trovare posto per i fuggitivi sulla prima nave che salpasse per l'Argentina. È ormai certo che, in quegli anni, passarono per Genova, e di lì fuggirono in Sudamerica, criminali del calibro di Klaus Barbie ("il boia di Lione"), Adolf Eichmann (il pianificatore dello sterminio degli ebrei, rapito dal Mossad nel '61 e impiccato in Israele l'anno dopo), Josef Mengele (il "dottor morte"), Erich Priebke, il dittatore croato Ante Pavelic. […]
Gli archivi della Croce Rossa svizzera, utilizzati da Uki Goñi per ricostruire la rotta dei nazisti verso il Sudamerica, dicono che anche Gerhard Bohne fece tappa a Genova nel gennaio del 1949. Bohne era una delle SS cui Hitler affidò nel 1933 il piano “Aktion 4“ per lo sterminio degli handiccappati fisici e mentali e che fece 62 mila vittime”. (tratto da ADISTA, Agenzia d'informazione sul mondo cattolico e le realtà religiose N°65 del 20 settembre 2003)

Particolarmente interessante, come emerge dall’inchiesta, è il ruolo della Chiesa nella vicenda. Il sacerdote croato Carlo Petranovic, dipendente della curia genovese, era in contatto con la D.A.I.E. e avrebbe gestito direttamente i rapporti tra Vaticano, Croce Rossa, Auxilium e Comitato nazionale emigrazione in Argentina. L’Auxilium, fondata dal cardinal Giuseppe Siri, e il Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina erano particolarmente attive nel salvataggio di “anticomunisti” secondo una tesi contenuta già nelle risultanze della Ceana (Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina, costituita da Menem nel '97) e raccontata nel libro "La via dei demoni", del giornalista di "Repubblica" Giovanni Maria Pace.
Conferme di ciò appaiono anche in una nota del Central Intelligence Group (C.I.G., creato da Truman nel '46 e sostituito alla fine del '47 dalla C.I.A.), datata 21 gennaio 1947 e ritrovata da Goñi durante le sue ricerche.
Non è un mistero che anche gli americani fossero interessati alla salvezza di noti esponenti nazisti e scienziati, per quella che è nota come Operazione Paperclip.
La rete di ecclesiastici impegnati nel facilitare la fuga di nazisti e fascisti faceva capo, in Vaticano, a mons. Alois Hudal, rettore fino al '52 del Collegio tedesco di S. Maria dell'Anima, e vescovo notoriamente filo-nazista che da Roma inviava le richieste di visti.
Scrive ancora "Il Secolo XIX": "Nella relazione conclusiva presentata dal CEANA (Comisiòn para el Esclaracimiento de las Actividades Nazi en la Argentina) nel 1999 si fa riferimento in particolare a una lettera del 31 agosto 1948 in cui il vescovo Hudal spiega a Peron che i visti richiesti non sono per profughi ma 'per combattenti anticomunisti il sacrificio dei quali durante la guerra ha salvato l'Europa dalla dominazione sovietica'".
Gli archivi della CEANA restituirono un primo elenco dei 65 nazisti riparati nel Paese sudamericano. Di questi ben 22 ottennero passaporti e visti a Genova. I dossier del Centro immigrazione di Buenos Aires confermarono che Mengele fu arrestato a Genova. Non fu riconosciuto e dopo due giorni fu rilasciato.

Quali furono le reazioni all’inchiesta del “Secolo XIX” nel 2003? L’allora vicepresidente della Camera Alfredo Biondi chiese subito, con un’interrogazione al presidente del Consiglio, di verificare la vicenda dei nazisti passati da Genova.
Il senatore diessino Aleandro Longhi richiese una commissione di inchiesta che non risulta sia ancora stata insediata secondo il sito del Senato.
L’arcivescovo di Genova, monsignor Tarcisio Bertone, dichiarò che la Curia genovese era all’oscuro degli aiuti che venivano dati ai nazisti e annunciò un’indagine storica negli archivi vescovili per appurare le eventuali responsabilità . Di tutte queste iniziative non si è saputo più nulla.
Petranovic, il “misericordioso”, che si allontanò da Genova nella primavera del '52, oggi ha quasi 90 anni e vive in Canada, in una zona al confine con gli Stati Uniti, ospite di una comunità di suore.


mercoledì 20 settembre 2006

Tu fumavi mille sigarette

All’epoca del grande Fred Buscaglione, negli anni 50, fumare era una cosa buona e giusta, era da duri, se eri un maschio e a 15-16 anni non fumavi assieme agli amici potevi dare adito a dubbi sulla tua virilità.
Si fumava dappertutto: al lavoro, nei teatri, nei cinema, negli ospedali, perfino in tv leggendo le news (guardatevi il bellissimo film di George Clooney “Good Night and Good Luck”).
Le donne fumavano anche allora ma in maniera più discreta, è dagli anni 70 in poi che donna vuol dire ciminiera. Ricordo dei pranzi dove le signore fumavano non alla fine del pasto, non tra una portata e l’altra, ma tra un boccone e l’altro.
Sono stata fumatrice anch’io, per quasi trent’anni, ma di quelle a modica quantità: 6-7 sigarette al giorno, con i medici (compresi un cardiologo e un pneumologo) che mi dicevano “Beh, con quello che fumi non ti fa male”.
L'altro giorno il Quit Counter, un simpatico software per ex fumatori che ogni volta che accendi il computer ti informa su quante sigarette NON hai fumato e quanti soldi hai risparmiato, mi ha annunciato che sono cinque mesi che ho smesso e 1000 sigarette che non ho fumato. Tralascio che ho risparmiato circa 200 euro, cosa non da sottovalutare per noi nati sotto la Lanterna.
Come mi sento? Da Dio. In questi cinque mesi ho imparato di nuovo a respirare, a dormire senza svegliarmi per la tosse, a fare le scale di corsa, a godermi al 100% le passeggiate in montagna. In più ho riscoperto gli odori, i profumi e i sapori che prima erano soverchiati da quello monocorde del fumo. La cosa forse più sorprendente è che la mia vita non è più tormentata da quella sveglia mentale che suonava ogni tanto dicendomi:”’A stronza, vatti a fumare ‘na sigaretta, che è ora”. Sono libera. Non devo alzarmi e sgattaiolare in qualche stanzino o all’aperto, perfino con 3 gradi sottozero per fumare.
Lo so che sono cose che ai fumatori non interessano, e che in questo momento penseranno: “Oh no, ti prego, la solita ramanzina dall’ex fumatore rompicoglioni!
“Ma non ti manca?”, chiedono maliziosi. “Ma non avresti voglia di fumarti una sigaretta ogni tanto?” Assolutamente no. Il fumo (degli altri) produce in me ora l’effetto che ha sui non fumatori: mi fa star male, mi fa girare la testa. Non sono per eliminare i fumatori dalla faccia della Terra, però ora capisco finalmente cosa si intende per fumo passivo.
Non mi manca, perché quando si smette è per sempre, non si torna indietro, è un ciclo che si è chiuso definitivamente. Si ritorna a come si era prima di iniziare a fumare. In fondo anche il più incallito fumatore non è nato con la sigaretta tra le labbra (a parte il maestro Camilleri, forse).
Lo so che ci sono stormi di gufi appollaiati sui rami attorno a casa mia che aspettano il giorno che uscirò di nuovo sul terrazzo a fumare, ma mi sa che gli verranno le penne bianche ad aspettare. Non ricomincerò qualsiasi cosa accada, qualsiasi lutto mi colpisca, qualsiasi malattia. Anzi, adesso che ci penso, di che fumo stanno parlando? Io fumavo??
Se volete sapere come ho smesso e se ho trascinato scimmie per casa per giorni e giorni, vi dico no, non ho sofferto tranne che per 72 misere ore, il tempo di smaltire la nicotina, che dà dipendenza peggio dell’ero ma si elimina molto presto dall’organismo. Tutto il resto sono paranoie mentali, sia per i grandi che per i piccoli fumatori.
Ti sembra che ti venga a mancare qualcosa di essenziale, ma in realtà , come dice Allen Carr nel suo libro, è il piccolo mostro della nicotina dentro di te che vuole ancora la sua dose. Basta non ascoltarlo e sostituire mentalmente le cose che ti mancano con quelle positive che riacquisti smettendo. Puzza di fumo vs. odore piacevole, denti bianchi; sigaretta dopo caffè vs. possibilità di fare di nuovo sport, ecc.
Se ci si rende veramente conto di quanto sia bella una vita senza fumo non si avranno rimpianti. Se ci si rende conto che si può fare QUALUNQUE COSA senza prima fumare, il fumo non sarà più parte della nostra vita, per sempre.
Non sto assolutamente invitandovi a smettere, ma se per caso un giorno vi chiederete “perché sto fumando se in fondo non mi piace” sappiate che non è necessario nessun orecchino, nessun farmaco da più di 100 euro alla scatola, nessuno psicologo, nessuna ASL e nessuna sofferenza estrema.
Basta decidersi, portare pazienza durante qualche giorno di scimmia e non ascoltare i fumatori che ti dicono che loro hanno smesso già venti volte ma in realtà una volta fumatore è per sempre (come per gli agenti della C.I.A.).
Troppo facile? Si, provare per credere.

Il guerriero di terracotta


Si ringraziano: Brunius Pensatoio per avermi dato l’idea, il Corsera per l’abilità nel trovare questo genere di notizie e, ovviamente, Corrado Guzzanti (qui il link al filmato dell’imitazione).

lunedì 18 settembre 2006

Cane mangia cane

Dialogo tra un venditore di playstation e un passeggere.
“Bel casino che è successo, hai sentito cosa ha detto Papa Ratzinger?”
”Già, cosa ha detto il Papa, che ne parlano tutti?”
”Non si sa, ma se ti dicono che ha detto qualcosa, qualcosa avrà detto. Non vedi che torme di arabi furenti ci minacciano?”
”Avrà mica offeso Maometto?”
”Sicuramente, non vedi Ahmadinejad che farnetica come e più del solito?”
”Ma scusa, cosa ha detto esattamente il Papa?”
”Non lo so, ma fidati, se i TG dicono che il Papa ha detto qualcosa, qualcosa avrà detto. In tedesco, ma l’ha detto.”
”Ma è matto ad offendere Maometto di questi tempi?”
”Ma no, non l’ha offeso, gli piacciono i cappelli ma non è matto in fondo, è molto colto e come tutti gli intellettuali a volte parla in maniera troppo colta”.
”L’hanno colto sul fatto, dunque?”
”Ma non si può proprio sapere cosa ha detto il Papa di tanto grave?”
”Mah, forse cercando su Internet, ma tanto che ti frega, l’importante è che è successo un gran casino”.
”Bellino codesto giochino dei cani da combattimento!”
”Vero? E’ una novità, tostissimo.”
“Sai, ora che ci penso: sembra quasi che qualcuno ci stia addestrando a mangiarci a morsi l’uno con l’altro”.
“Già, è vero. Il mondo è diventato una gigantesca arena di combattimento per cani.”
”E magari c’è anche chi ci fa le scommesse sopra!”
”Già.”

domenica 17 settembre 2006

Dabliu dabliu dabliu dot Bush dot com

George Dabliù Bush nasce senza cervello il 4 luglio durante uno sciopero selvaggio di medici ospedalieri. Riceve poco dopo in dono dal cugino povero Dick metà del suo cervello, mai usato, e può così condurre da quel momento una vita pressocché normale.
Fin da pargoletto dimostra spiccate qualità di leader. Quando gioca con il suo cane Buck la bestia è solita dirgli: “Lascia stare, George, fai fare a me che fai solo del casino”. (I ricchi bambini texani giocano con cani parlanti). E’ simpatico e fa ridere di cuore la tata che lo accudisce quando le dice che un giorno sarà Presidente degli Stati Uniti, glielo ha detto papi.
A cinque anni ha già mandato in fallimento tre aziende di famiglia, e visto che gironzola sempre attorno ai pozzi, suo padre medita seriamente di affogarlo in un barile di petrolio.
Del suo percorso scolastico si sa ben poco. Corre voce che sia stato bocciato due volte in prima elementare ma forse sono solo malignità. Si sa solo che aveva un compagno di banco molto cattivo con lui; uno straniero, il nipote di un uomo d’affari iracheno, un certo Hussein. Questo piccolo terrorista si divertiva a nascondergli bombette puzzolenti nel cestino della merenda. Da lì una certa fobia del piccolo George verso gli islamici e le sostanze chimiche.
Miracolosamente giunto fino all’Università gli viene offerto di entrare nella nota società segreta Skulls & Bones, ma lui all’inizio rifiuta dicendo di non amare la musica heavy metal.
Fuggito da Yale per evitare le orribili pratiche di iniziazione, tra cui il temuto rito del carciofo con le spine, si rifugia nell’ambasciata saudita dove viene subito preso a ben volere da alcuni sceicchi e da un certo Osama, che lui credeva inizialmente essere una donna.
Poi l’illuminazione. Un 4 luglio, durante la tradizionale parata, passando casualmente davanti alla Casa Bianca incontra suo padre che gli dice: “Giusto te! Non posso metterci Jeb, è troppo intelligente, devi andarci tu”. In quel momento un’aquila dal collo bianco compì un ampio volo radente sui due Bush e uno dei cavalli della parata lanciò alto un nitrito.
Quella stessa sera nella sua cameretta, cogliendo i vari segni del destino e con la benedizione di papi, George capì che sarebbe diventato il più grande Presidente americano di tutti i tempi.

mercoledì 13 settembre 2006

Nessuno tocchi il canino

Roberto Calderoli nasce da un affluente del Po la notte di Valpurga in Val Brembana.

Fin da bambino sviluppa una sana diffidenza per tutto ciò che non assomiglia ai suoi nanetti da giardino. La prima parola che pronuncia, durante un pranzo di Natale e la commozione di tutti i parenti è “Va a laurà”, riferendosi allo zio Pino, allora disoccupato.
Non ha una tata, ma viene allevato amorevolmente da un pastore bergamasco, una cagna di nome Padania, di razza purissima. La sua mamma è molto severa e non lo vizia né lo coccola perché quelle sono smancerie da meridionali. E’ Padania che gli porta di nascosto i panini con la nutella.

A tre anni, sa già che Roma è ladrona, che gli arabi mettono la cintura di castità alle donne e che quelli sotto Ferrara (nel senso della città) sono tutti terroni. Glielo ha insegnato la mamma, non Padania, che ringhia sottovoce mentre la signora parla con il bambino.

A sei anni lo iscrivono alla scuola elementare, ma lui è preoccupato perché è una scuola pubblica e ci sono anche gli altri bambini, perfino quelli meridionali. Infatti il suo compagno di banco, un certo Pasqualino Cafiero, è un terùn, uno che non ha voglia di studiare perché suo padre essendo terrone non ha voglia di lavorare ma è venuto su lo stesso per portar via il lavoro allo zio Pino. Il Cafiero vorrebbe fare amicizia con lui, gli porta tutte le mattine le sfogliatelle calde che suo padre pasticcere ha appena sfornato ma Robertino tiene duro, come gli dice sempre il babbo: “Roberto, dai retta a me, non dare confidenza a nessuno, tanto meno ai terùn”.

Un giorno però, mentre sta facendo i compiti, decide di assaggiare una sfogliatella, che era rimasta spiaccicata dentro un quaderno, ed è la rivelazione. Nemmeno i panini della cara Padania erano mai stati così buoni e all’improvviso tutte le sue certezze vacillano. Ma questi meridionali sono poi così brutti e cattivi se sanno fare cose tanto buone? Non sarà che la mamma a volte esagera?
Lo risvegliò dai suoi sogni un potente ceffone della mamma:”Cosa fai lì, lo sai che non voglio che tu mangi quella robaccia, fatta da quelle mani sporche…

Passano gli anni e lui è un dentista di successo come tutti i maschi della sua famiglia fin dal 1868, ha sposato la Barbie abbronzata ed è impegnato politicamente, con la Lega Nord, è ovvio.
Un giorno sua madre lo va a trovare in studio con un terribile mal di denti. Mentre sta preparando i ferri un lontano ricordo d’infanzia gli balena nella mente: la faccia solare di Pasqualino che gli porge sorridendo una di quelle sfogliatelle così buone, così delicate…….
Ahiaaa! Roberto, ma perché sento così male???, non mi avevi fatto l’anestesia??”
“Oh, scusami mamma, me ne sono dimenticato.”

P.S. Ovviamente l’ex ministro Calderoli non ama che si raccontino queste debolezze della sua vita privata. Specialmente ora che vuole bombardare l’Iran con l’atomica.


martedì 12 settembre 2006

La cura Ludovico

Ho mantenuto la promessa. Non ho guardato un minuto delle trasmissioni celebrative dell’11/9, anche se non ho potuto evitare il servizio del TG1 a riguardo, con il Dabliù in gramaglie che ha portato la coroncina a Ground Zero aggrappato a Laura.
Ho letto però qualche articolo di giornale e i post dedicati all’anniversario nella blogosfera e voglio fare qualche considerazione.

Ho notato tendenzialmente due approcci diversi nel ricordare l’avvenimento. Un certo fastidio, soprattutto a sinistra, giustificato dal ragionamento che i morti che ci sono stati dopo, proprio a causa delle guerre fatte dagli americani, sono stati molti di più, e un atteggiamento di “ricordiamo ma in silenzio, non c’è niente da dire”, prevalente nel centrodestra.
Io penso che entrambi i ragionamenti siano proprio ciò che gli organizzatori degli attentati volevano ottenere.

Quel giorno abbiamo avuto un grande shock iniziale, vissuto in diretta, un bombardamento di immagini, emozioni forti, impossibilità di non guardare.
Notate l’aspettativa creata tra l’attacco alla prima e alla seconda torre. Un aereo ha colpito un grattacielo di New York. Cosa succederà ora? L’ansia cresce, attentato o incidente? Comunque stiamo tranquilli, quegli edifici sono studiati per resistere a questi impatti.
Intanto si è dato modo a tutte le troupe televisive di piazzare le telecamere, di cercare ogni possibile inquadratura del teatro. Poi il secondo schianto, un altro aereo sulla seconda torre, a pochi metri di distanza. Cazzo, allora non è un incidente, è un attentato. Lo shock viene ripetuto e in tal modo amplificato affinché non sussistano dubbi sul fatto che quel giorno avremmo assistito a qualcosa che non avevamo mai visto prima, alla materializzazione dell’impossibile. Due eventi quasi improbabili si sono già verificati: due grattacieli di New York che vengono colpiti da due aerei a distanza di pochi minuti, ma ancora di più, uno dei grattacieli improvvisamente si sbriciola sotto i nostri occhi. E dopo ancora diversi minuti anche l’altro, nello stesso identico modo! Eventi altamente improbabili che dicono “tutto ciò sta avvenendo veramente, tutto è possibile”. In quel momento non si scuote solo emotivamente chi assiste ma si frantumano anche le sue certezze cognitive. Anche la logica, la statistica, la fisica vengono polverizzate assieme alle torri.

Da quella sera stessa il bombardamento si fece ideologico, l’evento avrebbe giustificato qualunque cosa, che vi piacesse o no. Erano stati gli islamici, i “nostri” nemici, (per buon peso vennero anche mostrate false immagini di palestinesi festanti), si speculò sul numero delle vittime: Vespa nello speciale Porta a Porta ipotizzò 20.000 morti nelle torri. Oltretutto c’era stato anche l’aereo del Pentagono (che nessuno ha mai visto, ma non importa, se hai visto crollare le torri in quel modo puoi credere a tutto), e l’aereo fantasma in Pennsylvania (qui non c’è nemmeno il buco, è puro atto di fede.)
Poi in ottobre venne l’antrace, della polvere bianca sparsa negli uffici del capo dell’opposizione democratica Tom Daschle nel Parlamento e in novembre il Patriot Act, una legge speciale che, invece di perseguire i terroristi arabi, limita fortemente le libertà civili degli americani ed è tuttora in vigore. Eventi che avrebbero meritato qualche approfondimento giornalistico in più e che invece sono caduti nel dimenticatoio molto presto. Meglio non farsi certe domande.

Le immagini della Cura Ludovico furono poi riproposte per settimane tutti i giorni ad ogni ora del giorno, l’impatto su una delle torri fu usato nella sigla del TG2 per molti mesi. Attenzione, le immagini televisive non più in diretta non rendevano ormai fino in fondo la tragedia vera (è molto diverso vedere la torre crollare e basta, magari con sottofondo musicale e montaggio d’ordinanza e sentire anche il boato, le urla della gente e il pianto disperato di un testimone) ma solo la sua componente spettacolare, cinematografica, televisiva, anche se continuavano ad essere fortemente ansiogene, ovviamente.

Qualcuno disse allora che la valenza mediatica di quelle immagini era più di “ciò che nessun action movie o film catastrofico aveva mai osato mostrare”. Se non suonasse irrispettoso per le vittime si potrebbe dire che sembrava anche un cartone animato, nel quale ti aspetti che Wile Coyote, dopo essere precipitato, si rialzi e ritorni ad inseguire Beep Beep. Oppure la più grande illusione di David Copperfield.
Voglio dire che la rappresentazione televisiva dell’Evento a quel punto era solo un rinforzo percettivo all’opera di propaganda verbale che doveva sostenere tutte le prossime guerre a venire.
Cosa ci hanno ripetuto per mesi, anche prima delle previsioni del tempo e della rubrica di cucina o i risultati della B: “dall’11 settembre tutto è cambiato”, “dopo l’11 settembre niente sarà più come prima”. Tutto ciò che accadeva era conseguenza dell’11 settembre e noi dovevamo accettarlo. Come per miracolo sparirono anche i no global che tanto casino avevano fatto fino a quel momento. Tutto il mondo aspettava in silenzio ciò che sarebbe avvenuto dopo, la grande vendetta del gigante ferito.

Oggi a distanza di cinque anni, abbiamo una reazione di nausea, di saturazione davanti alle immagini delle torri in fiamme. E anche un senso di paura, memoria del trauma. La versione ufficiale ci rassicura e tranquillizza come una bella pastiglia di Tavor. Si, è vero ci sono tante incongruenze ma, basta non voglio pensarci più, sto male.
E’ rimasta poca pietà per i quasi 3000 morti, quasi tutti operai, impiegati, inservienti, donne delle pulizie, gente appena assunta che non osava scappare perché temeva di perdere il posto, compagni che leggete!
Oppure si vuole ricordarli in silenzio, senza esporci, con un bigliettino di circostanza e una preghiera ma in fondo ci infastidiscono, come i parenti poveri. Ci ricordano cose spiacevoli.
Tranquilli, era tutto previsto. Una buona dose di ultraviolenza deve generare il desiderio di rimozione, di tranquillità, di non discutere, di accettare tutto, di leccare la scarpa volentieri al potere.
Sono rimasti quei rompicoglioni dei parenti delle vittime che fanno combutta con i fanatici delle cospirazioni e si fanno troppe domande. Purtroppo c’è sempre chi non riesci ad ipnotizzare, il pazzo che ha le porte della percezione spalancate e chi magari non ha visto tutto in diretta quel giorno e non ha fatto la cura completa.
Quel giorno terribile ci ha insegnato che tutto ciò che è accaduto a New York potrebbe accadere anche a noi, ma rifiutiamo di accettarlo, nonostante Madrid e Londra e tutto ciò che è venuto dopo.
A chi conosce un poco i meccanismi della mente umana ha insegnato che si può giocare con la percezione, che il dogma non appartiene solo alle sfere del sacro e che la mansuetudine del popolo, la rinuncia alla polemica e alla giustizia è la più grande vittoria dei terroristi.
"Più grande la bugia, più la gente la crederà".

lunedì 11 settembre 2006

Quel giorno di settembre che sconvolse il mondo


Oggi mi rifiuterò di guardare il gran varietà televisivo di rievocazione dell’11 settembre. Voglio ricordare quel giorno a modo mio, pensando a quelle 2996 persone morte e alle tante che si sono ammalate dopo, avendo respirato la porcheria che si sprigionò dalle torri polverizzate (già, polverizzate, un bel fatto anche quello), ma di cui si parla poco. E non voglio sorbirmi ancora tutte le bugie, le palle cosmiche che i loro famigliari hanno dovuto sentire in questi cinque anni. Parlate con loro, sono disgustati. Quando hanno ripulito Ground Zero hanno portato via anche i pochi brandelli dei loro cari assieme alla polvere e alle macerie, perché bisognava fare in fretta.

Ricorderò i pompieri, gli eroi ai quali ipocritamente i coccodrilli miliardari di Hollywood dedicano un filmetto asciugandosi la lacrimuccia di rito. Ricorderò John O’Neill, al quale l'ambasciatrice americana in Yemen impedì di catturare in tempo gli uomini di Al Qaeda e che è morto anche lui nel crollo della torre nord quel giorno.
Ricorderò la mia amica Linda Bernstein, che ci ha lasciato delle meravigliose foto delle Torri com’erano, e che le ha viste crollare con i suoi occhi quel giorno, per poi morire di cancro qualche mese dopo a causa della loro maledetta polvere.

Sono andata a rivedermi i filmati sull’11 settembre che sono disponibili a decine su YouTube. Ve ne offro due, quelli che mi hanno maggiormente impressionato, ma ce ne sono altri, tanti. Ci ho passato un pomeriggio a guardarmeli, con le lacrime agli occhi e la rabbia dentro.
Sono interviste a testimoni, sono giornalisti che raccontano in diretta ciò che sta accadendo minuto per minuto (“mio Dio, sembra proprio una demolizione controllata!”), sono pompieri appena usciti dalle torri che raccontano di aver sentito dei boati ai piani bassi (al 7°, al 13°) e tutti parlano di queste esplosioni, della terra che ha tremato diverse volte, del fuoco nei sotterranei che ha continuato a bruciare per settimane. Coloro che hanno ripulito la zona dicono che il pezzo più grande che hanno trovato era di trenta centimetri, niente cemento, mobili, niente computer, niente pezzi di aereo, tutto polverizzato. Che cosa è in grado di mandare in polvere finissima due giganti di acciaio e cemento? Sono solo paranoie? Il modo migliore per evitare che la gente si faccia strane idee è dire la verità. Quella verità che non c’è da cinque anni.

Ho una gran rabbia dentro e voglio fare come Monty in “La 25a ora”, lo splendido film di Spike Lee girato proprio dopo l’11 settembre e dire:
fan***o i sistemi di difesa aerei, che mentre di solito sono pronti ad intercettare anche un piccione cha vada fuori rotta, quel giorno ha lasciato che 4 aerei dirottati scorrazzassero liberamente per decine di minuti;
fan***o la CIA, i servizi segreti, il servizio della marina, l’FBI, tutte le agenzie che quel giorno non hanno visto, sentito e detto nulla e nessuno è stato punito per questo;
fan***o George Bush, che è rimasto con gli scolaretti in Florida mentre i suoi concittadini americani morivano e poi si è perfino impappinato, ha detto di aver visto in TV l’impatto con la PRIMA torre e ha detto “ma che pilota scarso è quello?”;
fan***o il Pentagono, che non ha sguinzagliato subito gli aerei da caccia per intercettare gli aerei dirottati ma ha aspettato mezz’ora facendo partire gli aerei dalla base più lontana;
fan***lo quelli della commissione sull’11 settembre, che sono riusciti a fare perfino peggio di quelli della commissione Warren;
fan***o i giornalisti che si limitano a leggere le veline e non vanno a controllare ciò che dicono. Che hanno sentito le esplosioni in diretta ma se ne sono già dimenticati nel telegiornale successivo. Quelli che “ciò che è accaduto è ciò che si è visto in televisione”, e quegli altri che “non può essere andata diversamente.”;
fan***o Osama Bin Laden, che c’eri dentro fino al collo ma in che modo preciso vorremmo proprio saperlo;
fan***o Michael Moore, che ci sei andato vicino ma hai avuto paura della verità, da codino democratico quale sei;
fan***o Oliver Stone, che hai preferito la grana al vero patriottismo con il quale ti facevi bello fino a dieci minuti fa;
fan***o coloro che hanno voluto le guerre che sono venute dopo e che erano già tutte belle e annunciate nei loro proclami;
fan***o voi che siete pieni delle vostre certezze e accusate gli altri di cospirazionismo ed eresia, ma non avete mai parlato con chi c’era, con chi ha perduto i propri cari, con chi si è sentito preso in giro e ancora non ha avuto giustizia.

E infine fanculo a coloro che hanno fatto tutto questo, esecutori e mandanti, che hanno organizzato tutto, che hanno studiato l’orario, le modalità, che hanno rispolverato vecchi schemi, che hanno addestrato persone, che hanno preparato tutto nei minimi dettagli. Siate maledetti, chiunque voi siate.

domenica 10 settembre 2006

Piero, mangia!

Piero Fassino nasce pretermine e fortemente sottopeso il 1 maggio, Festa dei Lavoratori, sotto la Mole, da una famiglia comunista.
Della sua prima infanzia si ricordano gli appelli disperati della sua mamma e delle numerose zie: “Piero, mangia nèh cit!”. Solo il nonno, un vecchio sindacalista, lo difende dagli assalti delle donne di famiglia dicendo “Chi a l'é lest a mangé a l'é lest a travajé”. ( Chi é veloce a mangiare è veloce a lavorare).

La sua tata, una fervente cattolica, un giorno lo rapisce per farlo battezzare di nascosto, pensando a quegli atei senza Dio in famiglia. Anche il parroco, appena vede il piccolo gli dice: “Ma stellìn, come sei magro, non ti dà da mangiare la mamma?”

A scuola è fatto scherno dai compagni per la sua magrezza, lo chiamano balengo ciuciafurmije. Lui in realtà ha imparato infine a mangiare, e anche molto, ma non assimila.
Il più grande dolore della sua vita lo patisce a 10 anni, quando la mamma gli proibisce di andare in gita scolastica con i compagni a Trieste, temendo che la bora lo porti via.

Negli studi è sempre il primo, anche se a volte si addormenta in classe. Il maestro è convinto che la stanchezza e l’aspetto emaciato siano dovuti ad eccessivo studio e rimane molto colpito quando i genitori gli rivelano che veramente lui i compiti li sbriga sempre in cinque minuti.
Essi non sanno che ogni notte il nonno butta giù il ragazzino dal letto e lo costringe a leggere i “Grundrisse”, “Il Capitale” di Marx e ad imparare a memoria l’opera omnia di Engels. A lume di candela. Lui ha un sogno per il nipote: farlo diventare segretario del partito comunista.

La verità però è che Piero ha un sogno, diventare body-builder e grosso come Schwartzenegger e ogni pomeriggio scappa di nascosto in una lontana palestra di Chivasso dove si distrugge con i pesi e ingurgita beveroni a base di aminoacidi. Senza alcun risultato, però. Nonostante le dozzine di uova, le bistecche alla tartara e i frullati di maionese, non mette su un etto di muscolo.

Un triste giorno il suo segreto viene scoperto. Di fronte ai familiari riuniti gli viene posto l’aut-aut: o studi da segretario comunista o con noi hai chiuso. Piero, che in fondo è un buono, accetta molto a malincuore…

Anche adesso che è segretario dei DS, nonostante non lo dia a vedere, le Feste dell’Unità lo mettono un po’ a disagio e il sigaro di Diliberto, ma forse anche il resto di Diliberto, gli provoca una fastidiosa tosse nervosa. Appena può si chiude nel suo ufficio a Botteghe Oscure, fa dire alla segretaria che non c’è per nessuno e accende il lettore DVD. “Conan il barbaro” gli strappa sempre una lacrimuccia finale.

sabato 9 settembre 2006

Occhi apertamente chiusi

Esistono psicologi e psichiatri, soprattutto quelli porta a porta che fanno da complemento di arredo negli studi televisivi, che riescono a fare diagnosi stupefacenti, a distanza, solo guardando una persona parlare o sentendone la voce. Addirittura, se chiama una telespettatrice per il gioco delle scatole, da come dice “Pronto” riescono a capire da quanto tempo non fa l’amore col marito che sicuramente soffre di ejaculatio præcox.
Non parliamo poi dei casi di cronaca nera. Le assassine o presunte tali, i serial killer. Sono lì a darsi sulla voce: “Ma non vede esimio collega che l’increspatura del labbro in quel modo denota la ferita narcisistica non rimarginata del conflitto con la figura materna nato durante la scena primaria?” “Mi duole di contraddire l’illustre amico e collega, ma quando l’assassina piange è segno che gli dispiace assassinare”.
A me hanno insegnato che non si possono fare vere diagnosi a distanza, che per capire i problemi psicologici di una persona occorre prima di tutto averci a che fare faccia a faccia e parlarci, osservarlo e farci osservare, per il tempo necessario a capirci qualcosa, il che vuol dire spesso mesi o anni. Perché i traumi, i problemi, le fissazioni non sono (come diceva Totò) “fiaschi che si abboffano”. Guardando una persona in televisione mentre parla si possono al massimo cogliere i piccoli e grandi segnali della comunicazione verbale e non verbale come il tono di voce, dove guarda, dove tiene le mani, per farsi un’idea del suo stato emotivo attuale. Bisogna tenere presente che in televisione c’è sempre un certo stato d’ansia da prestazione, che si sta comunque “recitando” un ruolo, che non si è necessariamente sinceri.
A parte tutti questi buoni propositi, l’altra sera, quando hanno trasmesso in televisione l’intervista a Natascha Kampusch, la ragazza che, secondo le cronache, ha trascorso gli ultimi otto anni in balìa di un pazzo che l’aveva sequestrata ancora bambina, non ce l’ho fatta e ho dovuto fare il mio esercizio diagnostico. Dev’essere una deformazione professionale di noi strizzacocuzze.
Natascha si è presentata con quel foulard in testa che tanto ha sconvolto le giornaliste-parrucchiere (alopecia precoce? pidocchi presi nello scantinato? Tinta venuta male?). A me è sembrato solo un modo per attirare l’attenzione o per sviarla dagli argomenti forti, un depistaggio emotivo.
La sua immagine televisiva, quella che ha voluto mostrarci, mi ha fatto una strana impressione.
Mi è sembrata una ragazza indubbiamente cresciuta, molto bella anche, ma che è rimasta dentro, nel profondo, quella bambina di otto anni fa. Una ragazza che, nonostante dicono sia rimasta segregata per anni, dimostra di saper interagire con gli altri in maniera sorprendente, con modi perfino da paracula. Non una Kaspar Hauser qualsiasi, insomma.
E soprattutto che conosce solo la seduzione come mezzo di comunicazione. Nonostante l’atteggiamento di difesa, le gambe accavallate e le mani che serravano le ginocchia, è stata molto seduttiva con l’intervistatore, un biondo bietolone teutonico e… come dire, sembrava più che un intervista alla vittima di un sequestro, un provino.
Non ha detto di voler fare l’attrice? Ancora seduzione. Dico tutto di me o non lo dico? Mi scopro o, perché no, mi copro i capelli? Il massimo della seduzione.
Dicono che in questi lunghi anni si sia cibata poco di cibo e molto di televisione, strumento di seduzione e veicolo di modelli di seduzione per eccellenza.
La lezione dei “15 minuti di notorietà che non si negano a nessuno” di Andy Warhol pare averla assimilata bene. E anche quella che “se non vai in televisione in fondo non sei nessuno”.

Ciò che trovo allucinante è che una persona a pezzi emotivamente, che deve ricostruirsi da capo e con tale visione distorta dei rapporti con il prossimo venga sbattuta in prima serata proprio in televisione, con la benedizione degli psicologi che la seguono: non uno, che farebbe già abbastanza danno, ma addirittura dieci. Il povero Sigmund si rivolterà nella tomba.
Quale sia stato il suo vero rapporto con l’uomo che l’ha sequestrata non lo sapremo mai, si possono solo fare delle ipotesi. Ma si sa purtroppo che in questi casi a volte i ruoli possono rovesciarsi. Il seduttore diventa sedotto, diventa molto sottile la differenza tra vittima e carnefice, ricordate “Il portiere di notte”? Si creano legami incomprensibili a chi non ha vissuto la stessa esperienza. Chi ha subìto l’abuso si convince di essere onnipotente, di aver avuto il potere di aver fatto perdere la testa a qualcuno, quindi di poter sedurre tutti. In ogni caso sono esperienze i cui effetti devastanti hanno bisogno di anni per essere compresi e guariti.
Penso che Natascha abbia cercato sempre di difendersi, lo dimostrano quegli occhi che lei chiude ritmicamente mentre parla. Occhi che sono “apertamente chiusi” come il magistrale titolo del film di Kubrick (Eyes Wide Shut), che vedono ma non vogliono guardare. Oppure che erano semplicemente offesi dalle luci troppo forti dello studio.

venerdì 8 settembre 2006

Forza Nepal

Silvio Berlusconi nasce con la camicia da una covata della gallina dalle uova d’oro in un ridente paesino della Brianza. Fin da poppante dimostra spiccate qualità di latin-lover. Fa arrossire spesso la tata che gli racconta le favole la sera, mettendogli una manina sulle tette. A due anni sa già tutto della compravendita immobiliare, e visto che non smette di cercare di convincere i suoi genitori ad acquistare un intero lotto di terreno non edificabile a Paderno Dugnano, accusandoli di non essere abbastanza ottimisti, essi meditano segretamente di darlo in adozione in Patagonia. Ma Silvio è furbo, trova sempre una scusa per evitare di seguire i genitori all’aeroporto.

A sei anni, mentre sta andando a scuola, a causa della piccola statura, viene rapito da un Circo itinerante rumeno. Silvio si rende subito simpatico e dimostra di avere il piglio del comunicatore. A 18 anni convince l’impresario ad affidargli un numero e, assieme al suo gruppo “Le Bandane Volanti” miete un successo dopo l’altro in ogni parte del mondo.
Il domatore di leoni, un livornese rosso come un estintore, figlio naturale di Bakunin e discendente diretto di una cugina di Rosa Luxemburg, invidioso di lui, non perde occasione di fargli i dispetti e lo chiude ogni notte a tradimento nella gabbia delle belve. Ma Silvio, con le sue arti di seduttore, sera dopo sera convince i leoni a fondare un partito politico per difendersi dai comunisti e induce la donna cannone a liberarlo con promesse di amore eterno.

Fuggito dal circo per evitare il matrimonio con la corpulenta collega, si rifugia nel villaggio dei Puffi, dove viene subito preso a ben volere dal Grande Puffo che lo inizia all’antica arte del muratore.
Poi l’illuminazione. Un giorno, passando casualmente da Segrate incontra il suo antico persecutore che, divenuto un rapper di successo gli “chiede un cinque” in segno di pace. Silvio invece decide di vendicarsi e lo getta in un canale di irrigazione. Quella stessa sera nella sua cameretta, cogliendo i vari segni del destino e con la benedizione del Gran Maestro dei Puffi, decide di fondare la sua prima televisione: Canale 5.

P.S. Bisogna spiegare il senso della cartolina e raccontare come finì la storia:

A 60 anni Silvio è ricco sfondato, si è sposato 6 volte e ha 47 figli. Grazie a qualche aiutino degli amici possiede 50 televisioni, 87 giornali, 5 squadre di calcio, calcetto e calciobalilla, è presidente del Milan e si annoia molto. Ricordandosi di come aveva ammansito i leoni del circo pensa di scendere in politica e anche lì è un successo. Diviene presidente del consiglio due volte ma deve fare i conti con l’invidia dei comunisti, che tramano per liberarsi di lui.
Una sera, nella sua villa in Sardegna, quella con la riproduzione della diga di Assuan, mentre intrattiene gli amici con canzoni napoletane, un ignoto ospite mascherato lo convince a rifare il vecchio numero della valigia, uno dei suoi più grandi successi. Silvio è generoso e ha bevuto un po’ e accondiscende. Non fa in tempo a dire: “Ma cribbio, non c’è aria qui dentro!” che la valigia viene imbarcata su un volo diretto Olbia-Kathmandu.
Da allora di lui si perdono le tracce ma pare che, di recente, il suo fido amico Emilio abbia ricevuto una cartolina con la seguente dicitura:
Caro Emilio, scusa se non mi faccio vivo spesso, ma da quando mi hanno riconosciuto come la vera reincarnazione del piccolo Buddha non ho molto tempo per scrivere. Non ho dimenticato i miei amici e la politica. Io e Marcello stiamo pensando di fondare un partito perché anche qui è pieno di comunisti che vogliono toglierci la libertà. Abbiamo già il nome, “FORZA NEPAL”, che ne dici?
Dai un bacio a Bondi,
sempre tuo,
Silvio
.”

mercoledì 6 settembre 2006

Compagno di scuola

Daniele Capezzone nasce già con la barba da una cellula staminale embrionale abbandonata sugli scalini di una chiesa in una notte di luna piena, ad Halloween.
Fin da infante dimostra spiccate qualità dialettiche. Fa addormentare spesso la tata la sera, raccontandogli le storie delle mirabolanti battaglie civili di Emma Bonino. A due anni sa già leggere, scrivere, far di conto e calcolare la partita doppia, e visto che non smette di riprendere i suoi genitori su qualunque cosa, accusandoli di non essere abbastanza liberali, essi meditano segretamente di portarlo nel vicino bosco e abbandonarvelo. Ma Daniele è furbo, ha le tasche piene di molliche di pane e trova sempre una scusa per evitare di uscire con loro...

A sei anni va a scuola ma sapendo già tutto e pretendendo di sostituirsi al maestro lo mettono in un’aula tutta per lui, assieme ad un ragazzo caratteriale, figlio di un anarchico livornese e della segretaria della sezione Mirafiori del PMLI. Regolarmente picchiato dal compagno, che ama particolarmente brandire il pestacarne, sviluppa un certo anticomunismo viscerale. Poi, viste le sue condizioni (sembra un puffo tutto blu), il direttore, mosso a pietà, lo mette assieme agli altri bambini.
Daniele si rende subito simpatico e dimostra di avere il piglio del leader. L’ultimo giorno di scuola, il maestro saluta i bambini e augura loro buone vacanze. Daniele alza la manina sudata e dice con voce ferma: “Signor Maestro, si è dimenticato di darci i compiti per le vacanze.”

Miracolosamente sopravvissuto fino all’adolescenza, fugge di casa per evitare il seminario e si rifugia nell’ambasciata americana, dove viene subito preso a ben volere da alcuni esuli cubani e dall’ambasciatore che lo inizia alle teorie neocon.
Poi l’illuminazione. Un giorno, passando casualmente da via Torre Argentina incontra il suo antico persecutore che, divenuto frate trappista, gli porge una rosa in segno di pace. Daniele invece decide di vendicarsi e gli sferra un pugno.
Quella stessa sera nella sua cameretta, cogliendo i vari segni del destino e con la benedizione degli esuli cubani, decide di diventare il più giovane segretario radicale del mondo.

***

Simpaticamente citato sul sito de La Rosa nel Pugno

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